[…] Quando
mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore…

Dante Alighieri, Inferno, Canto XXVI




ASCOLTA: UN'ALTRA RIVA

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DALLA RIVA
Interno. Notte.

Il guscio è pronto.
Notte, notte profonda, notte che divide la vita dai sogni.
Mentre preparo le ultime cose la sirena si allontana. Si ferma sul molo e cerca un segno del giorno che verrà. Non c'è più tempo.


C'è vento in quest'ora insolita.
Ma non è più il tempo delle indecisioni, il bivio è passato.
Mi sento ancora solo… la tua linea sul molo è evanescente, riflessa… mi chiama.
Sono vicino. Sono calmo.
I tuoi movimenti sono segni nell'aria; io sono goffo, emozionato.
Ci accomodiamo nel guscio che questa notte ci porterà oltre il confine.
"Amore da laggiù non si torna… vuoi ancora partire?"

L'acqua cancella le orme con un battito di spuma.

Per la prima volta le tue mani su di me. Le tue labbra, inconsapevoli, sul deserto che sono diventato.

Mi volto. La riva è lontana. Hai gli occhi chiusi. Non dormi.
La corrente è una carezza che si mescola con le tue, le labbra carne che entra nella mia. Non sei più un sogno, non più una traccia nei miei giorni, ma respiro, vita.

Parto, partiamo.
Dondola il guscio. Rinforza la corrente.




UN'ALTRA RIVA
Interno. Notte.

È quasi l'alba. Non c'è vento, solo un'onda leggera che scivola. La sirena dorme. Le parlo ugualmente. Intuisco il profilo del suo corpo sotto la coperta. Abbiamo dormito sulla riva. Il fuoco è spento. Vedo solo i suoi capelli. Forse non mi ascolta.


Abbiamo riposato a sufficienza sulla riva. Il pasto era buono, abbondante. Stelle e pianeti hanno disegnato una curva impossibile nel cielo indugiando e danzando con l'orizzonte.

Lascia ogni bagaglio, non altro se non le vibrazioni che mi hai nascosto fino ad oggi.

È una prigione forse, dunque abbandonami in catene e portami cibo sufficiente a vivere, sopravvivere. Lascia che intraveda la tua ombra attraverso il quadrato di sbarre, lascia che il vento porti il tuo profumo. Mi basterà.

Non so se potrò affrontare un altro tratto di oceano e approdare vivo.

Gioco con la mia morte per godere l'alito che arriva da questo abbraccio. È l'ultimo, forse l'ultimo, ma lo era ieri… la stagione passata.

Siamo riusciti ad attraversarla; non sembrava vero, angelo mio, ma il guscio è arrivato fino qui, fino a questa spiaggia. Proviamoci dunque. Tutto vedo, tutto sento di me e di te. La nostra vita, le domande nascoste, la voglia di noi.

Dentro qui le parole rimbalzano riflesse dal legno e tornano, ritornano dritte all'anima portando nuovi aromi di noce.

La senti? Questa è l'onda che cresce e cerca la corrente. Stringiti a me, non temere altro che il fuoco. L'acqua è amica dolce e fedele.




TRA ME
Interno. Notte.


Tra me e te un mondo d'acqua controcorrente. Non posso attraversare. È notte, notte ancora.
Amami se riesci da laggiù, amami come puoi. Lo farò bastare.

Tra me e te il dolore, lacrime, carne arrotolata sul cuscino, pioggia, passi inutili verso cosa, verso dove…

Tra me e il mio cuore lo spazio di una vita sott'acqua, suoni come sul legno pieno dei tronchi.
Io muoio poco a poco in questa vita. La casa sul fiume, testarda, galleggia.

Note, una dopo l'altra, mentre dormi.
Mentre dormi penso ai maghi, alle sirene.
Mentre dormi, io muoio.




DAL NULLA
Interno. Giorno.


Il guscio è rovesciato sulla riva.
Una tempesta, un'altra tempesta, ci ha sorpresi abbracciati, impreparati.

Abbiamo osato troppo.
Ho sperato, dopo tanti secoli, che non fosse più così pericoloso lasciare Ceuta e, dalla man destra, guardare scorrere Siviglia nelle ore del tramonto. Profili di città, vite invisibili, così lontane da noi... fino ad ora.

Nato come dal nulla, da quella placca di roccia e calcare che abbiamo cercato oltre il fiume, oltre l'oceano... violento e improvviso il turbine ci ha colto.
Mi stringevi mentre la prua si sollevava dritta come un albero di maestra.
Mi stringevi ancora quando ci ha fatto girare due volte... o forse sono state tre, come allora.
E buttato qui, su un'isola che non so se chiamare mia.

Poi la quiete.

Muoio, come tutti, forse più in fretta di altri.




In questa pagina del Mosaico
Testo, voce e foto di Paolo Bignoli. Musica e registrazione di Luigi Alberton.
Pubblicato da Immaginario Sonoro il 19/11/07.


COMMENTI


Paolo Bignoli | 10/02/11

...dovevi vedere ieri sera il piccolo Pietro con le musiche e i suoni di immaginario sonoro... credo che ci siano un genere di vibrazioni che gli ricordano quando era ancora nella pancia... avresti dovuto vederlo con l'uomo delle sirene... non l'ho mai visto così ipnotizzato! davvero incredibile! dovresti scrivere musica per neonati...

Betta | 20/01/08

Emozionante... "Muoio, come tutti, forse più in fretta di altri."